Casa di Shakespeare |
Stratford-on-Avon
Nella puntata precedente, dopo esserci persi a Loughborugh, Lorenzo aveva impostato il navigatore satellitare su un percorso a piedi... Be', sarebbe stato meglio ricordarsene prima di ripartire.
Così, le prime ore di viaggio trascorrono su strade di campagna strette, incredibilmente tortuose e pericolosamente a doppio senso, il tutto sotto la pioggia. Come battesimo di guida a sinistra con comandi invertiti, non c'è male. Tra l'altro, scoperto l'errore e impostato su uno speranzoso "percorso veloce", il navigatore sfoggia coerenza e, per i restanti sei gioni, continua a schifare le autostrade. Il che regala un paio di capelli bianchi in più a Lorenzo (ma è stato pur sempre il suo compleanno, a uno splendido quarantenne si addicono le tempie brizzolate), mentre io mi godo la vista della campagna inglese e dei suoi villaggi, tentando di resistere ai colpi di sonno. Il clima britannico è l'incubo di una meteoropatica.
Eppure, la bellezza del Warwickshire mi tiene ben sveglia. Nella città di Shakespeare, il centro è una scenografia ben curata, composta da edifici cinquecenteschi in cui le travi scure si intrecciano all'intonaco bianco, i vetri a piombo delle finestre riflettono la luce come scaglie di pesce e i pavimenti di legno sono inclinati e scricchiolanti. Sulle rive dell'Avon si accalcano barche, famiglie e stormi di cigni, i quali ostentano la spocchia di chi sa di figurare nello stemma della città.
A casa Shakespeare si entra in scena grazie a un percorso multimediale, a stanze con gli arredi d'epoca e al bel giardino, in cui attori in costume interpretano tra i visitatori alcuni dialoghi delle opere più famose. Stratford è una cittadina turistica e culturale, e Shakespeare è il suo business. Tuttavia, è un posto splendido, sereno e compìto nel suo prosperare in nome del Bardo.
Il Royal Shakespeare Theatre |
Qui e altrove resto sorpresa dalla cortesia inglese. Non che mi aspettassi di avere a che fare con gli hooligan, ma si parla spesso della freddezza dei "nordici"... Sarà che non amo la chiassosa confidenza che i luoghi comuni attribuiscono ai mediterranei, sarà che nella quotidianità italica noto una dilagante rabbia e maleducazione (e no, l'avere "tanti problemi" non le giustifica), fatto sta che la terra d'Albione - così come era stato per l'Austria - mi conquista anche con la gentilezza e la discrezione. Dal cameriere del pub all'autista dell'autobus è tutto un please, sorry, thank you, lovely, enjoy... A Roma trovo gentile chi si limita a rispondere al "buongiorno".
Lungo l'Avon |
Lascio malvolentieri Stratford, la passeggiata dall'ordinata periferia al centro, gli edifici antichi, il fiume, l'accoglienza squisita del Moss Cottage, persino il disagio di non poter partecipare alla conversazione mattutina con gli altri ospiti del bed & breakfast. Non vorrei davvero andarmene da qui, non subito almeno. Invece, ci chiama la città universitaria per eccellenza, e dal Bardo torniamo al Professore.
OOhh, e non mi puoi lasciare appesa così!!!!
RispondiEliminaLa coerenza del navigatore satellitare, eh?
Please, the second part!!!
Questi tuoi resoconti di viaggio mi rapiscono, aspetto con ansia la prossima puntata! :)
RispondiEliminaChe posti meravigliosi! :)
RispondiEliminaplease, sorry, thank you, lovely, enjoy... A Roma trovo gentile chi si limita a rispondere al "buongiorno".
RispondiEliminaQuando rispondono... :D
Per questo li trovo gentili, sembra non essere affatto scontato!
Eliminagrazie Simo...
RispondiEliminaleggerti è come esser stati lì con te...
un bacio